Articolo di Davide Visentin

Quando ci si appresta a scrivere un testo – che sia un post social, un articolo per un blog, un articolo per la carta stampata o quant’altro – con la finalità di convincere qualcuno rispetto a qualcosa che vogliamo proporre o pubblicizzare, è convinzione comune pensare che ci si debba avvalere di un copywriting persuasivo.

Non ci viene naturale pensare, però, che probabilmente stiamo sbagliando approccio. Il copywriting persuasivo spesso è manipolatorio perché ci porta a voler infondere nei lettori le emozioni che vorremmo noi che provassero, facendo nascere in loro dei bisogni che non hanno al fine di fargli accettare la nostra proposta. È un modo di concepire la comunicazione sempre più diffuso, a maggior ragione nell’ambito web.

Il nostro intento deve essere quello di provocare una risposta emotiva nella persona che ci legge; devono riaffiorare emozioni che già prova ma delle quali è inconsapevole.

In poche parole, la scrittura deve suscitare empatia e non agire come una manipolazione del lettore. Questo è il copywriting empatico: immergersi nei panni del lettore.

Ma detto questo sorge spontanea una domanda: ma cos’è in fondo il copywriting empatico?

Mettersi dalla parte del lettore con il copywriting empatico

Per comunicare in modo empatico, il nostro elaborato deve essere una sorta di racconto, anche attraverso immagini, raccontando storie che coinvolgono direttamente chi legge, perché riguardano il suo mondo, e suscitano potenti emozioni che lo fa viaggiare e lo porta a  farsi “condurre” dalla narrazione del testo. In fondo fin da bambini siamo abituati ad ascoltare storie e farci cullare da esse; si tratta di mettersi dall’altra parte e raccontarle.

Quando si pensa alla comunicazione pubblicitaria, spesso si pensa ancora a com’era il copywriting in passato, quando si puntava alla notizia sensazionale, consci del fatto che chi scriveva era intento solo a stupire e non a spingere il lettore a immedesimarsi in un brand. Ma questo era quello che si faceva, appunto; adesso le cose sono diverse.

L’intento del messaggio pubblicitario deve essere quello di catturare il lettore e farlo emozionare; fargli percepire l’essenza del brand e far sì che con quest’ultimo nasca un legame. Questo legame può nascere solo, però, quando si instaura la fiducia tra chi si sta cercando di raggiungere e il marchio stesso. Per questo un’altra prerogativa del copywriting deve essere l’autenticità dei contenuti che si stanno veicolando ed il rispetto del soggetto a cui sono destinati. Solo così si raggiunge l’obiettivo e si è di fronte a qualcosa che si può definire copywriting empatico.

Il copywriting empatico: come fare ad utilizzarlo  

Come dicevamo prima, in passato nello scrivere a livello pubblicitario, e in particolar modo per il web, si puntava a indirizzare le scelte del consumatore, proponendo contenuti mirati ad infondere nuove sensazioni al lettore per indurlo a nuovi bisogni pilotati. Si ricorreva al cosiddetto copywriting persuasivo. La nuova frontiera della comunicazione abbiamo visto, invece, deve essere quella di suscitare empatia, di parlare sì alla testa del consumatore, ma soprattutto al cuore.

Il copywriting empatico prevede che chi scrive deve cercare di capire bene a chi si vuole rivolgere, definire qual è il suo target di riferimento, senza dimenticare mai di mettersi nei panni di chi legge. Per far questo bisogna adottare un metodo suddiviso in tre punti essenziali.

Copywriter Empatico

Punto primo: definire il contesto

Per prima cosa dobbiamo costruire uno scenario iniziando a porci delle domande. Per quale finalità stiamo scrivendo? Stiamo lavorando per una landing page di un sito internet?

Dobbiamo pubblicare una brochure di un’azienda? Dobbiamo redigere un annuncio stampa? Deve poi essere molto chiaro in quale contesto verrà letto il nostro elaborato, che ruolo hanno in questo le persone che lo leggeranno e, soprattutto, qual è il loro “punto di dolore” rispetto a quello di cui si parla.

Una volta data delle risposte a questi quesiti si dovrebbe già avere le idee abbastanza chiare sui contenuti da proporre. Ma, ponendosi l’obiettivo di calarsi nei panni di chi ci legge, si può fare un ulteriore step, soprattutto se stiamo cercando di proporre una soluzione a un problema.

Ci si può chiedere quali dubbi o perplessità possa avere il nostro lettore rispetto a quello che gli stiamo proponendo (immedesimandoci nel lettore) o se i nostri contenuti siano effettivamente utili o meno.

Riuscire a definire in modo chiaro il contesto nel quale ci si deve muove permette la stesura di contenuti più efficaci più vicini alle esigenze del lettore.

Punto secondo: evitare di mettere troppa carne nella brace

Indipendentemente dal fine che ci si pone per il testo che si sta scrivendo, il focus deve vertere sull’argomento che si sta trattando. Perché quando si è concentrati su di esso si è in grado di individuare senza particolari problemi gli aspetti più importanti per i nostri lettori, su cui soffermarsi e approfondire. Procedere a casaccio, magari trattando troppi argomenti e nemmeno troppo connessi tra di loro, è controproducente e si rischia di annoiare l’utente, inducendolo a interrompere la lettura.

Una volta dato corpo agli argomenti pensati, focalizzatisi sui punti salienti, e fatta una prima stesura del testo ci si deve chiedere se si è stati sufficientemente esaustivi; ancora una volta pensare se si fosse noi a leggere cosa ci aspetteremmo di trovare nel testo e cosa non sarebbe di nostro interesse.

Punto terzo: rendere il testo “empatico”

Arrivati a questo punto verrebbe da pensare di aver concluso e di essere pronti a consegnare il frutto del nostro lavoro. E invece no. Manca ancora qualcosa, quel passaggio che farà fare la differenza al nostro testo. E anche qui, molto probabilmente, verrà spontaneo chiedersi: Si, ma cosa manca ancora?

Il nostro testo è essenzialmente pronto, ma è buona cosa lasciarlo un po’ “decantare”, qualche minuto, qualche ora, meglio ancora qualche giorno. Passato questo tempo, tornare sul testo a mente fredda e rileggerlo; sicuramente balzeranno agli occhi punti o aspetti su cui si può migliorarlo. Siamo stati sufficientemente esaustivi? Il testo è allettante e attraente? Stimola sufficientemente la lettura dall’inizio alla fine? Nel rispondere a queste domande, poi, pensare a come “abbellirlo” con elementi in grado di colpire il lettore che possono essere fotografie, infografiche, illustrazioni, curiosità, testimonianze, etc.

Questo ulteriore passaggio arricchirà ulteriormente l’elaborato, rendendolo più appetibile e rispondente ai bisogni del lettore.

In conclusione, come si può vedere, il copywriting empatico è una modalità di scrittura molto interessante perché permette di trattare un argomento scrivendo secondo un angolo di visione diverso, mettendosi nei panni di chi legge e avendo così più probabilità di raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati.

Adesso non resta che provare e sperimentare. Buona scrittura!